Minibond: Uno strumento di innovazione finanziaria e cultura aziendale

Il ruolo dell’innovazione finanziaria nella gestione delle attività aziendali ricopre sempre di più una funzione di primo piano. Le motivazioni sono differenti, e partono dalla nascita di nuove opportunità per la raccolta di capitali (portali di crowdfunding), ad una maggiore consapevolezza e specializzazione delle risorse aziendali, ad una diffusione maggiore attraverso i canali di comunicazione di campagne di raccolta di successo che favoriscono i processi emulativi.

Gli strumenti di finanza innovativa, quindi, contribuiscono alla definizione delle strategie di mercato non solo delle grandi multinazionali, ma anche delle piccole e medie imprese italiane, che iniziano a slegarsi dalle logiche delle monolitiche opzioni offerte dalla finanza tradizionale. 

La necessità di slegarsi da certe dinamiche nasce dall’esigenza dell’industria 4.0 di muoversi a grande velocità, cavalcando l’onda del cambiamento e assecondando il mercato e le sue richieste nel momento in cui vengono formulate, senza doversi piegare alla burocrazia e ai lunghi tempi tecnici richiesti da metodi di finanziamento storicamente affidabili ma incapaci di adattarsi ad un mondo che corre sempre più veloce.

Tra questi nuovi strumenti, uno dei quali meglio si adatta a quanto detto è di certo rappresentato dai minibond, un innovativo sistema di finanziamento riservato alle aziende non quotate in borsa, che permette di raccogliere rapidamente liquidità da investitori disposti a credere nel rpogetto aziendale. Regolato attraverso il Decreto Sviluppo (DL 22 giugno 2012 n.83) e nelle sue successive integrazioni, i minibond sono delle obbligazioni (per società spa) o titoli di debito (per società srl) a medio e lungo termine emessi da società non quotate in borsa per finanziare piani di sviluppo, acquisizioni, finanziare una commessa o il circolante, oppure operazioni d’investimento straordinarie più in generale.

Come tutti i titoli di debito anche i minibond sono caratterizzati da un tasso di interesse e da una scadenza e grazie ad essi le società non quotate possono aprirsi al mercato dei capitali allentando la loro dipendenza dal credito bancario.

Un punto che va subito chiarito è che i minibond non si rivolgono a società in crisi in cerca di liquidità per tamponare per perdite e risanare il proprio bilancio. Al contrario si tratta di uno strumento ideale per società sane, con un bilancio sano e con ottime prospettive di crescita per gli anni successivi e che hanno deciso di non legarsi alle dinamiche del credito bancario.

Possono ad esempio essere un valido strumento per affiancare un finanziamento richiesto tramite canali tradizionali, aumentando il capitale a disposizione senza andare incontro a condizioni di tasso meno convenienti, o andare a integrare un debito già esistente ma pienamente assorbito all’interno del bilancio aziendale, per cominciare un processo di espansione.

I minibond sono delle vere e proprie operazioni di “trasparenza” da parte dell’azienda nei confronti del mercato, nelle quali l’azienda si racconta, mettendo in luce sia i punti di forza che le criticità.

 

Chi può emettere i minibond?

Generalmente con il termine minibond si indicano sia le obbligazioni che i titoli di debito, che all’interno del codice civile, così come indicato di seguito, sono trattati in articoli diversi e sono destinati a società di differente natura giuridica.

Le società per azioni possono emettere obbligazioni (art. 2412 c.c.) al portatore o nominative per somma complessivamente non eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio approvato.

Il limite precedente può essere superato se le obbligazioni emesse in eccedenza sono destinate alla sottoscrizione da parte di investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale a norma delle leggi speciali.

Le società a responsabilità limitata possono emettere titoli di debito (art.2483 c.c.) se l'atto costitutivo lo prevede, la società può emettere titoli di debito. In tal caso l'atto costitutivo attribuisce la relativa competenza ai soci o agli amministratori determinando gli eventuali limiti, le modalità e le maggioranze necessarie per la decisione.

La natura giuridica resta un aspetto formale, ma non sostanziale al fine del successo delle operazioni di sottoscrizione da parte degli investitori. Infatti, le aziende devono possedere un equilibrio finanziario stabile, con buona redditività (ebitda), struttura finanziaria solida, cultura aziendale votata alla trasparenza, e alla correttezza nei confronti dell’ambiente in senso ampio e del territorio.

 

Le azioni da svolgere per avvicinarsi alla finanza innovativa

Sono molteplici le figure che affiancano l’azienda che ha emesso i minibond. Un ruolo di primo piano è svolto dagli advisor che si occupano di affiancare l’azienda nella fase di decisione strategica iniziale, nell’analisi del business plan, dell’information memorandum e nella definizione di tempi e modalità dell’emissione.
Successivamente in alcuni casi subentra la figura dell’arranger che segue l’inserimento dei titoli sul mercato e si occupa di individuare i potenziali investitori del fine tuning rispetto alla definizione dei rendimenti offerti.
Allo stesso modo, talvolta, è possibile rivolgersi a società di rating indipendenti che, potranno fornire un giudizio indipendente sulla solvibilità dell’emittente così da rassicurare i potenziali investitori.
Al fine di compiere tutte le azioni in modo corretto farsi affiancare da un advisor finanziario, che guida l’azienda non solo nel raggiungimento degli obiettivi descritti precedentemente, ma anche nello svolgimento degli step necessari per svolgere la procedura di emissione dei minibond:

  • Richiesta del codice ISIN;
  • Supporto con Monte Titoli Spa;
  • Supporto con banche di regolamento.

Qualora il minibond venisse quotato presso uno dei mercati finanziari l’advisor svolge anche il ruolo di assistenza nel rapporto con la Borsa individuata.
L’operazione di quotazione porta con sé una richiesta un effort maggiore da parte dell’azienda sia in termini di operatività che in termini di costi. In Italia, il mercato per le quotazione dei minibond è stato creato da Borsa Italiana creato ad hoc, l’ExtraMOT (di cui fanno parte ExtraMOT PRO ed ExtraMOT PRO3).
Oltre che un mercato regolamentato secondo la Direttiva MIFID si prefigura come sistema di scambi organizzato (multilateral trading facility). Agisce con una piattaforma di negoziazione elettronica, con procedure di settlement automatiche, e comunque eleggibile per tutte le operazioni finanziarie bancarie verso la Banca Centrale Europea.

La narrativa aziendale e la predisposizione e l’elaborazione di informazioni è decisamente maggiore rispetto alla sola emissione. Inoltre, nei processi di quotazione dei minibond è previsto l’inserimento in azienda di una società di revisione, con un incremento dei costi.

Per la quotazione viene richiesto il possesso di requisiti ulteriori da parte delle aziende, come ad esempio avere un fatturato superiore ai due milioni di euro o avere almeno dieci dipendenti, e quindi essere per definizione almeno una pmi.

Il principio alla base della richiesta di tali requisiti risiede nel fatto di voler offrire ai potenziali investitori maggiori elementi per calmierare il rischio di default del titolo, e quindi la non restituzione di capitale ed interessi.

 

Chi può investire e come?

La sottoscrizione dei minibond ad una serie di investitori istituzionali ed altri soggetti qualificati:

  • Banche;
  • Imprese di investimento;
  • Sgr;
  • Società di gestione armonizzate;
  • Sicav
  • Fondi d’investimento.

Tale gruppo definisce un cerchio di investitori abbastanza ristretto, e a partire dal 2019, da quando è stata concessa la possibilità ai portali di equity crowdfunding di collocare i minibond (delibera n. 21259 del 6 febbraio 2020, link: https://www.consob.it/documents/46180/46181/reg_consob_2013_18592.html/c2a8e576-2a5f-4d2c-905c-2f16612b6148) sulle proprie piattaforme, la platea degli investitori è stata allargata. Con lo sviluppo della normativa è stata aggiunta una nuova categoria di investitori, gli investitori retail, che devono rispettare dei requisiti specifici:

  • Investitori con un portafoglio di strumenti finanziari, inclusi i depositi di denaro, per un controvalore superiore a 250.000 euro;
  • Investitori che si impegnano a investire almeno 100.000 euro per singola sottoscrizione, dopo aver dichiarato di essere consapevoli dei rischi connessi;
  • Investitori retail tramite gestori di portafoglio.

Questa nuova categoria di investitori, accedendo ai portali di equity crowdfunding già autorizzati, può scegliere tra le pmi presenti e investire attraverso una semplice procedura online, studiando e analizzando i documenti forniti dai portali al fine di informare l’investitore e presentare nel modo più trasparente possibile la realtà aziendale.

Tale decisione da parte del legislatore va nella direzione di favorire una progressiva disintermediazione, favorendo, di fatto, un accesso diretto al mercato degli investitori.

I costi per le società emittenti sono estremamente convenienti, altro motivo per cui la popolarità dei minibond è in continua crescita e sempre più aziende si affidino a questo tipo di finanziamento. In media si affronta un costo che varia tra l’1% e il 2.5% per l’emissione complessiva e l’eventuale quotazione del minibond. A questi possono essere aggiunte le spese per l’eventuale quotazione presso una società di rating certificata, che rende più appetibile il titolo e permette di ottenere dei tassi più bassi.
Sicuramente il ricorso al credito ordinario ha un costo minore, ma il minibond non è una semplice operazione finanziaria, come detto in precedenza, è un’operazione culturale.

 

Gli investitore: Il tasso d’interesse

Il tasso d’interesse del minibond rappresenta il ritorno finanziario che viene ottenuto dall’investitore per l’investimento effettuato. La tipologia sia di restituzione del capitale investito, sia del pagamento degli interessi è varia (trimestrale/semestrale/annuale), bullet o amortizing, ed è legata soprattutto ad efficientare le possibilità di restituzione del prestito, adattando le rate del rimborso, ad esempio, ai flussi di cassa positivi dell’azienda, per non generare crisi di liquidità.
Il tasso d’interesse dipende da molti fattori, ed alcuni hanno una funzione calmierante dello stesso, come il possesso di rating positivi da parte dell’emittente, eventuali garanzie richieste dall’investitore e offerte dalla società emittente (es. pegni su beni).

 

La finanza innovativa nel Mediterraneo

Il crescente uso nel Sud Italia dello strumento dei minibond è confermato dall’indagine del Politecnico di Milano che evidenzia come la Campania nel 2020 è stata la prima regione italiana per numero di emittenti (43), superando la Lombardia (36) e il Veneto (29). In maniera simile la Puglia ha quintuplicato le proprie emittenti, passando da 3 a 14. Questi numeri sono in grande crescita soprattutto grazie ai basket bond, ovvero cartolarizzazioni di minibond emessi contestualmente da diverse società, che hanno visto proprio la Regione Campania e la Regione Puglia fare da apripista attraverso le rispettive società regionali in house Campania Sviluppo e Puglia Sviluppo.
Sempre in Campania si è rivelato fondamentale il supporto della società in house Garanzia Campania Bond che sfrutta i fondi Europei POR FESR 2014-2020, andando ad aggiungere una serie di garanzie all’emissione che permettono un ingresso più sereno degli investitori.
Un altro esempio virtuoso di come i minibond possono aprire interessanti prospettive di crescita è quello di Feudi di San Gregorio, eccellenza enologica Campana, che ha emesso ha emesso 4 milioni di euro a tasso fisso e durata a 7 anni, raccogliendo risorse complessive pari a 21 milioni con l’obiettivo di finanziare l’ampiamento del mercato di specifici prodotti della loro filiera produttiva. L’operazione dell’azienda campana rientra nel basket bond lanciato da Cassa Depositi e Prestiti e Unicredit, per un totale di duecento milioni di euro, che mirano a finanziare le aziende della filiera strategica italiana.

 

I minibond nel periodo del covid-19

Il dato è particolarmente importante perché mostra come nello scenario post pandemico, i minibond possono rappresentare una importante risorsa per tutte quelle PMI che sono in cerca di capitali ma faticano ad ottenerli attraverso i circuiti bancari tradizionali che hanno un approccio alla valutazione aziendale basata su logiche che hanno poco a che fare con il dinamismo dell’imprenditorialità dell’ultimo decennio. Se la pandemia ha creato enormi perdite a tutto il comportato industriale e finanziario, non va sottovalutato come i mesi della ripresa saranno ricchi di opportunità per quelle aziende che sono riuscite a navigare in relativa sicurezza tra le agitate acque della pandemia e ora possono mirare ad estendere il loro mercato o ad investire in nuovi settori.

Questo scenario diventa particolarmente incoraggiante per le imprese del meridione che storicamente hanno sempre affrontato maggiori barriere di accesso al credito bancario o che necessitavano di strumenti più flessibili per raccogliere rapidamente capitali e raccoglie sempre maggiori consensi anche grazie ai tanti sgravi fiscali che sono stati introdotti per favorire gli investimenti da parte di business angels e altri investitori qualificati.